Prima di iniziare, scegli la modalità di visualizzazione che preferisci*
*Se hai uno smartphone con schermo oled, la modalità scura ridurrà il consumo di batteria
La soluzione sono le rinnovabili subito. Spegni la luce quando esci dalla stanza. De-fos-si-liz-zia-mo-ci! E intanto abbiamo le centrali nucleari al confine. L’auto del domani è elettrica. Basta carbone. I biocarburanti tolgono cibo. Uso la lavatrice di notte per risparmiare. La soluzione è il nucleare. La natura si ribella. No al biogas. Basta fonti fossili. E le accise? La risposta è il nucleare. Serve il biogas. Il gas è il combustibile di transizione. I fossili sono insostituibili.
Nelle chiacchiere da cena o da aperitivo - e nelle conversazioni da social network che le hanno sostituite - spesso ascolto frasi apodittiche, sentenze energetiche, certezze ambientali.
In genere questi pensieri, detti con sicurezza espressiva, vengono da osservatori attenti che amano documentarsi ma al tempo stesso non sono esperti professionali del settore energetico e ambientale.
Gli esperti, invece, si esprimono con più vaghezza e abbondano di “bisogna vedere”, “dipende” e “sì però”. Il motivo è semplice. Chi più sa, meno certezze possiede.
Quali sono corrette tra le frasi citate all’inizio di questa pagina? Sorpresa: tutte. Oppure nessuna. Sono giuste e sbagliate tutte le locuzioni della premessa e questa contraddizione apparente deriva dal “dipende”. Dipende dal contesto.
Per esempio, è chiaro che si traguarda un mondo senza più energia fossile, ma l’energia fossile oggi è ancora insostituibile in gran parte delle applicazioni.
Per esempio, è vero che i biocarburanti spesso sono prodotti da colture di tipo alimentare, ma la disponibilità di cibo tolta da queste colture non è diversa da quanto fanno cotone, lino o altre coltivazioni non alimentari.
L’energia e la sua transizione verso modi più sostenibili di produzione e di consumo fanno parte di un processo evolutivo che procede in contemporanea su più fronti, con più tecnologie in competizione fra loro, con discontinuità, con resistenze, con accelerazioni e involuzioni, con inerzie e intuizioni fulminanti.
Nessuna evoluzione è un percorso lineare. E alla fine della transizione il vecchio sconfitto convive a fianco del nuovo vincitore.
La penna stilografica, l’aereo con l’elica, l’orologio meccanico, il disco di vinile e il treno a vapore si usano ancora, pur se in contesti specifici, e così l’automobile a cilindri e pistoni rimarrà ancora per molti decenni, e in quantità sempre più ridotte si continuerà a estrarre e raffinare il petrolio per le applicazioni specifiche in cui rimarrà irrinunciabile.
In questo percorso, cerchiamo oggi di intuire quali tecnologie energetiche saranno dominanti. Forse le fonti rinnovabili che oggi sembrano il futuro saranno solamente la transizione verso il nucleare da fissione, o nuove forme di energia oggi non disponibili.
E non v’è certezza. Diffido delle sicurezze, coltivo il dubbio.
Lasciamo agli scienziati l’energia intesa come grandezza fisica del lavoro. L’energia è uno dei pochi strumenti trasversali per leggere la realtà. Ogni processo naturale o artificiale può essere letto attraverso un filtro energetico.
Non sono tanti gli strumenti che permettono di leggere gran parte dei fatti umani o naturali; fra queste lenti universali ci sono anche l’ambiente e l’economia.
Un esempio: un’eruzione vulcanica può essere letta in termini di danni economici, in termini di emissioni di anidride carbonica e di danni all’ambiente, e può essere letta in chiave di energia espressa, come la magnitudo delle scosse oppure il calore della lava.
L’energia è anche uno strumento fondamentale della civiltà. Il benessere si basa sulla disponibilità dell’energia. Non sempre è evidente il contributo che l’energia dà alla vita di tutti i giorni.
Ecco alcuni dei servizi forniti dall’energia.
L’energia non è un bene o un prodotto ma è un servizio che consente di ottenere beni, prodotti e altri servizi.
L’uscita dalla povertà che attanaglia troppa parte dell’umanità si ottiene solamente grazie all’energia. L’accesso all’energia è l’accesso ai servizi minimi che consentono una vita dignitosa, a partire da elementi di base come riscaldarsi, cucinare i cibi, disporre di acqua potabile e illuminare la notte.
Infatti una delle disgrazie che imprigionano l’umanità nel medioevo della civiltà è la povertà, sì, ma povertà energetica.
Scrive “wiki” per definire la povertà energetica:
Un adeguato riscaldamento, raffreddamento ed illuminazione delle abitazioni, la possibilità di accedere all'energia, sono servizi essenziali necessari per garantire uno standard di vita adeguato e la salute dei cittadini e per facilitare l'inclusione sociale.
L’organizzazione internazionale Gbep descrive la povertà energetica:
Without a change of course, by 2030 the total number of people without access to electricity will still be almost 900 million, 3 billion will cook on traditional fuels, and 30 million people will have died of smoke-related diseases.
(per chi non frequenta la lingua inglese: senza un cambiamento, nel 2030 le persone senza accesso all’elettricità saranno almeno 900 milioni, 3 miliardi continueranno a cucinare con combustibili tradizionali e 30 milioni di persone moriranno per le malattie dovute agli ambienti pieni di fumo).
Il riferimento della Gbep alla cottura con i combustibili tradizionali e al fumo negli ambienti domestici deriva da un fatto spesso sottaciuto: ancora oggi una parte larghissima dell’umanità cuoce i cibi bruciando al chiuso la legna raccolta nel sottobosco.
Per questo motivo sono fondamentali i progetti per diffondere usi efficienti dell’energia in Paesi come il Mozambico o la Repubblica del Congo.
E qui ci sono tre vicende di cui ho avuto esperienza diretta: Città del Capo, Uganda e Marocco.
A Città del Capo l’elettricità (in questo caso nucleare) fa uscire dalla povertà.
In Uganda, l’elettricità rinnovabile connette il villaggio con il mondo.
In Marocco l’elettricità rinnovabile consente di portare energia nei luoghi più sperduti e remoti.
Khayelitsha, che si dice più o meno Caieliscia, è un sobborgo povero di Città del Capo in Sudafrica.
È una delle enormi città-senza-identità del mondo, una baraccopoli spontanea di un milione di abitanti che vivono sotto la lamiera ondulata, come le baraccopoli uguali e senza identità che circondano Caracas, il Cairo o Calcutta.
Gli uomini andavano al lavoro in città, e intanto le donne insieme con i bambini cercavano nel bush, nella boscaglia, la legna necessaria a scaldare le case e alla cottura degli alimenti.
La cottura dei cibi avveniva (come è comune nel resto del mondo) in fornelletti di lamiera o di ghisa posati a terra. Non ci sono comignoli o camini e il fumo usciva dalle finestre.
Come negli altri sobborghi del mondo della lamiera ondulata, anche a Khayelitsha un gran numero di bambini morivano fra i tormenti atroci delle ustioni dell’acqua bollente rovesciata dalla pentola in bilico sul fornello posato a terra.
Poi è arrivata la corrente elettrica.
Con la corrente elettrica, ovviamente, sono arrivate la luce notturna, lo scaldabagno e la televisione. Invece dei fornelli a legna o a carbonella, i cui fumi impestano le casupole di mezzo mondo, ecco fornelli elettrici. Ma soprattutto, l’elettricità fa uscire dalla povertà.
In una casetta di lamiera ondulata, dipinta con una vernice di colore intenso, ecco una bottega di parrucchiere: con l’elettricità si può avere il casco, il fon, il ferro per arricciare i capelli.
Un terreno recintato si anima di pneumatici e gomme: con l’elettricità si può avviare l’aria compressa, lo smontagomme equilibratore e l’avvitatore dei bulloni.
L’energia è il modo per uscire dalla condizione della miseria.
Uganda, il villaggio ai margini del mondo è attraversato da una strada di terra, che ogni automobile alza polverone rosso. Le solite case di lamiera ondulata. La scuola dipinta con colori vivaci e allietata da una palma che fa ombra allo spazio per i giochi dei bambini.
Qualche negozio di mattoni e lamiera in cui si vendono alimenti confezionati e bibite in bottiglia di plastica. Alle otto di sera il sole scende e in pochi istanti è buio; le famiglie meno povere avevano un generatore a benzina per illuminare qualche televisione, e ogni settimana bisognava andare in città con le taniche per rifornire i generatori. Le radioline funzionavano solamente a pile.
Quando sono stati istallati i pannelli solari - accompagnati da un pacco di batterie per la continuità anche notturna - il villaggio ugandese è uguale eppure diversissimo; vi è nata la speranza. Nella scuola si possono tenere anche lezioni serali e nell’aula multifunzione è stato messo un frigorifero per la conservazione dei vaccini.
È nata anche una nuova attività tecnica e imprenditoriale, l’elettricista del villaggio, il quale con strumenti come cacciavite, cavi e fili, mammut e connettori faston mantiene in ordine l’impianto fotovoltaico (ha assunto un ragazzino per i lavori più noiosi, come spazzare le foglie e la polvere cadute sui pannelli) e per estendere a tutti gli edifici la piccola rete elettrica del villaggio.
Un altro pannello solare, con un altro pacco di batterie, è nella stazione radiobase della società telefonica, ora libera dalla schiavitù del generatore a gasolio.
Il cambiamento più profondo e sostanziale è un altro. L’elettricità alimenta e mantiene in collegamento un computer condiviso nel quale c’è un sito di e-commerce per vendere in tutto il mondo i prodotti di artigianato realizzati dalla cooperativa delle donne.
Marocco, il villaggio arroccato sulle montagne più remote dell’Atlante viveva al buio. L’One, sigla di Office national de l’electricité (et de l’eau potable du Royaume du Maroc), deve aggregare alla rete i 45mila villaggi attraverso un intenso programma di elettrificazione rurale; centinaia di comunità vengono raggiunte ogni anno dal servizio elettrico.
Ma il villaggio arroccato sulla montagna è difficile da raggiungere e per alimentare alcune decine di case e alcuni ovili bisogna stendere in zone impervie e desolate decine di chilometri di filo elettrico in bassa tensione.
Le comunità rurali consumano pochissima corrente; le cadute dei pali o dei fili sono frequenti; ogni singolo chilowattora consumato in quei paesini in montagna ha un costo fuori scala (come è naturale, quel costo esorbitante viene suddiviso fra tutti i clienti elettrici marocchini e si diluisce).
Però da alcuni anni l’azienda elettrica marocchina ha adottato le fonti rinnovabili e locali di energia. Ventilatori eolici e pannelli solari. In questo modo, con l’energia prodotta localmente, la disponibilità di energia si moltiplica e si libera dalla schiavitù del filo elettrico che deve arrivare da lontano.
Ogni analisi della storia ha i suoi criteri di divisione del tempo. L’evo antico, l’evo medio (il medioevo), il mondo contemporaneo. Il quaternario, il cretacico e il devoniano. E così via.
Le età dell’uomo possono essere divise anche nelle età delle loro tecnologie. Ecco un esempio.
L’ETÀ DELLA PIETRA E DELLA LEGNA.
La tecnologia della pietra e della legna permette di costruire edifici, di riscaldare, di cuocere e far durare più a lungo gli alimenti. È l’età dell’uomo preistorico e protostorico.
L’ETÀ DEL FERRO E DEL CARBONE DI LEGNA.
A differenza della legna, la carbonella (il carbone di legna) ha una densità energetica molto alta. I fabbri ferrai, con il mantice e l’incudine, usavano il carbone di legna. La tecnologia del ferro e della carbonella permette soprattutto di modificare la materia, come la metallurgia, come la piegatura del legno per costruire gli scafi curvi delle navi o le armature per voltare archi e soffitti. Dura dall’antichità grecoromana fino al ‘700.
L’ETÀ DEL CARBONE E DELL’ACCIAIO.
È la tecnologia della macchina a vapore per i telai, per i treni e per mille altre applicazioni industriali. Il carbone non viene più prodotto dalla legna ma viene estratto in grandi quantità dal sottosuolo. È la tecnologia dell’industria e permette la produzione in serie, è quella che permette la conservazione degli alimenti pastorizzati nei barattoli di latta.
A MARGINE, LA PILA DI VOLTA.
In contemporanea con la macchina a vapore di Watt, ecco l’elettricità di Volta. Non a caso Watt e Volt sono alcune delle più importanti unità di misura dell’energia. Fino alla fine del ‘700 l’elettricità era solamente elettrostatica. Electron nel greco antico significava ambra, materiale la cui particolarità è, se sfregato su un panno di lana, ottenere scintille o attrarre i capelli. La bottiglia di Leida consentiva di produrre potenti scintilloni. Da singole scintille non si poteva ottenere nient’altro che domande per gli alchimisti e divertimenti per i salotti nobili. Fra il 1799 e il 1800 Alessandro Volta – allineando dischi di rame e di zinco alternati con strati di feltro bagnato di salamoia – ottenne un flusso continuo di corrente. Cioè ottenne elettricità utilizzabile. Presentò la scoperta (fu una scoperta o fu un’invenzione?) a Napoleone e alla Royal Society di Londra, e pochi mesi dopo due inglesi avevano già messo due elettrodi nell’acqua facendo gorgogliare da una parte l’idrogeno e dall’altra l’ossigeno. Era l’idrolisi dell’acqua, era la nascita della chimica.
L’ETÀ DEL PETROLIO E DELLA PLASTICA.
Il petrolio ci ha dato il mondo di oggi. Per l’energia, e per il materiale caratteristico di questa età, la plastica. L’efficienza del motore a scoppio è molto migliore rispetto alla caldaia pesantissima piena di acqua da far bollire e mettere in pressione. La nafta permette le corazzate, cioè più spazio per gli equipaggi, per le corazzature e per le armi; la benzina nel motore a scoppio permette gli aerei e la mobilità individuale delle motociclette e delle automobili. Come materiale, la plastica è quella degli imballaggi leggerissimi e resistenti, con derrate conservabili all’infinito.
A MARGINE: LA PRIMA GUERRA DEL PETROLIO.
Per assicurarsi i giacimenti necessari ad alimentare la flotta con la nafta, nel 1916 l’Inghilterra tentò di invadere l’Irak, che allora faceva parte dell’Impero Ottomano alleato della Germania. L’invasione dell’Irak si divise in due fasi. Una più drammatica, quella in cui il Mespot Army (esercito della Mesopotamia) subì una sconfitta terribile e ne sortì una strage di militari britannici; in una seconda fase, l’esercito inglese riuscì a invadere il Medio Oriente, sottraendolo all’Impero Ottomano e dividendolo negli Stati che conosciamo ancora oggi.
L’ETÀ DEL SILICIO E DEL SILICIO.
Il mondo d’oggi e probabilmente di domani. Il silicio dell’informatica, del digitale, del flusso continuo di dati che consente anche questo .
E L’ERA NUCLEARE: QUALE FUTURO?
Inaugurata nel 1942 quando Enrico Fermi realizzò il reattore Chicago Pile-1, l’èra nucleare ha caratterizzato i Paesi più industrializzati ma ha trovato ostacoli in due fattori: l’incidente catastrofico di Cernòbyl dell’aprile 1986 e il fatto che nucleare civile per produrre corrente elettrica si correla spesso con gli usi militari. Il nucleare si sta rafforzando in Paesi di nuova industrializzazione, come la Cina, mentre i Paesi europei come la Germania stanno cominciando a limitare questa tecnologia, sebbene sia fra quelle che non producono emissioni di anidride carbonica. Il futuro del nucleare potrebbero essere reattori autofertilizzanti che riducono il fabbisogno di combustibile e la quantità di scorie prodotte e soprattutto la fusione, che però dopo decenni di esperimenti e di prove sembra ancora lontana.
I più comuni combustibili e carburanti, cioè il petrolio e il gas, non erano nati per far marciare i motori. E nemmeno per riscaldare. Erano nati per un’altra finalità: per fare la luce.
Geologi e biologi mi scusino; sono solamente un giornalista. Userò un linguaggio quanto più piano possibile, dimesso; quanto più vicino al parlato comune.
In spiaggia, dopo una mareggiata, la sabbia è mescolata con uno strato di alghe marce, guscetti di conchiglia, i granchietti morti e i soliti moscerini svolazzanti.
Dopo qualche giorno, quella falda di alghe marcebonde e sabbia sporca è sepolta sotto 20 centimetri di sabbia. Dopo qualche anno, quel paciugo orrendo è ancora più marcio a 2-3 metri di profondità.
Dopo 20mila anni, ma basta anche meno, il marciume è diventato metano (molto più tempo per il petrolio, milioni di anni) ed è impaccato in una roccia porosa, come l’arenaria che è sabbia consolidata fino a diventare pietra, o come il travertino (i buchini del travertino sono gli spazi lasciati liberi dai filamenti delle alghe morte).
Quando questo marciume è là in profondità, ci sono anche i batteri anaerobi (an-aero-bi, cioè vivono senza aria, senza ossigeno) che digeriscono il marciume di cozze, vongole, gamberetti, alghe, moscerini e digerendo producono metano. E lasciano una poltiglia nera di marcio stramarcio, che è il petrolio.
(Metano e petrolio si possono formare anche in modo abiotico (a-biotico, senza vita), cioè non da batteri ma da reazioni chimiche di tipo vulcanico).
Si chiamano idrocarburi proprio perché sono catene, polimeri come la plastica, formati da idrogeno e carbonio con, in più, tutte le altre sostanze presenti.
Il petrolio è una miscela di tutte queste cose, metano propano fino alle catene lunghissime e zeppe di inquinanti assortiti a piacere.
Dov’è il giacimento? E com’è fatto?
Un giacimento non è una caverna piena di gas o con un lago di greggio. Invece è roccia compatta e dura, però porosa come l’arenaria o il tufo e come le altre rocce che, quando ci cade l’acqua, si bagnano impregnandosi.
Ci sono greggi libici o arabi fluidi come olio d’oliva, ci sono greggi russi e venezolani che sono densi come la panna cotta.
Io personalmente ho pasticciato con le mani allo sgorgo del pozzo due greggi: un densissimo venezolano alla foce dell’Orinoco, che per poterlo pompare alla superficie devono iniettare nel sottosuolo del gasolio caldo per diluirlo e portarlo alla densità di un dentifricio, e un denso petrolio italiano (piattaforma nel Canale di Sicilia) dove ha la densità della maionese.
Il petrolio frizza. Ha bollicine di metano. Quello più fluido frizza proprio, quello denso sembra più il bollore della polenta nel paiolo.
Nel mondo si usano tutte le tecnologie energetiche, da quelle più antiche e inefficienti fino a quelle più moderne. Come nell’evoluzione biologica, anche nell’evoluzione tecnologica vi sono ambienti e contesti che consentono la sopravvivenza di soluzioni più antiche. Ma ecco le principali tecnologie e fonti energetiche che si usano oggi.
* Anche se nei Paesi più evoluti il ruolo centrale del carbone di sta riducendo, vi sono Paesi in cui questa fonte energetica è ancora fortissima. Per esempio vi sono centrali per 97mila megawatt a carbone in costruzione in Cina. Altri 152.000 in progetto. Più dell’intera capacità installata negli Usa.
Attenzione. Tutte le stime sottovalutano il ruolo delle biomasse.
Produzione di energia elettrica nel mondo per fonte Nel grafico si possono selezionare una o più voci per fare i confronti. Dati in GWh. Fonte: Iea (Agenzia internazionale per l’energia), organismo dei Paesi Ocse
Produzione di energia da fonte rinnovabile nel mondo Nel grafico si possono selezionare una o più voci per fare i confronti. Dati in GWh. Fonte: Iea (Agenzia internazionale per l’energia), organismo dei Paesi Ocse
Gli usi principali dell’energia sono industriale, domestico ed elettrico. L’elettricità poi a sua volta è un tuttofare per mille servizi, non tutti energetici.
La ripresa del gas degli anni 2015-2017, insieme al trend sostanzialmente stabile del petrolio, ha portato il gas nel 2017 ad essere la prima fonte del Paese (quasi 4 Mtep in più dei consumi di petrolio). Dopo che nel 2018 petrolio e gas erano tornate a coprire la stessa quota di energia (circa il 35% per ciascuna fonte), per il calo del gas e la ripresa dei consumi di petrolio, il risultato del 2019 ha riportato nuovamente il gas come prima fonte, oltre il 3% in più rispetto ai consumi di petrolio. Come detto, anche le rinnovabili (termiche escluse) sono tornate su una traiettoria moderatamente ascendente, dopo la frenata del triennio 2015-2017 per la ridotta idraulicità e il rallentamento della crescita delle rinnovabili intermittenti. A fine 2019 le FER totali (comprese quindi le termiche) rappresentano circa un quinto del totale mix energetico. Prosegue infine la traiettoria di riduzione dei consumi di carbone, più che dimezzati rispetto ai livelli di inizio decennio, già nel 2018 sotto la soglia dei 10 Mtep, si è ulteriormente ridotta nel 2019. Complessivamente la quota di fossili nel mix energetico nel corso del 2019 è stimata in circa il 75% (127 Mtep), in lievissimo aumento rispetto ai livelli del 2018.
Produzione di energia elettrica in Italia per fonte Le centrali termoelettriche tradizionali nei primi anni sfruttavano soprattutto i prodotti petrolieri. Oggi la quota maggiore è invece del gas naturale, seguito dal carbone. Dati in GWh. Fonte: Terna
La produzione elettrica nel 2019 si è attestata a circa 284 TWh, in aumento rispetto ai livelli del 2018 di 4 TWh (+1,4%). Le fonti principali sono, nell’ordine: rinnovabili (soprattutto idroelettrico), gas, carbone e, ormai marginale, il petrolio.
I consumi totali per settore in Italia Nel grafico su possono selezionare una o più voci per fare i confronti. Dati in GWh. Fonte: Terna
I consumi di energia da fonte rinnovabile in Italia Nel grafico su possono selezionare una o più voci per fare i confronti. Dati in GWh. Fonte: Terna
La prima elettrificazione è avvenuta attorno al 1880 quando l’ingegner Colombo di Milano andò da Thomas Alva Edison e gli strappò il consenso a usare nome e tecnologia. La prima centrale termoelettrica europea era a carbone ed era in via Santa Radegonda a Milano, alimentava le luci di Piazza Scala, della Galleria Vittorio Emanuele e del Teatro alla Scala.
Ancora la Edison ebbe la concessione del servizio tranviario (poi ceduto all’Atm con la scadenza della concessione) che prima era svolto da omnibus trainati da cavalli. A Milano in via Bramante c’è ancora l’Officina Elettrica (oggi dell’Enel) dove arrivava l’elettrodotto dalla centrale sull’Adda.
L’elettrificazione era basata sull’energia idroelettrica, fino al sorpasso della termoelettrica avvenuto negli anni ’60 soprattutto con centrali a olio combustibile. Il boom economico esigeva un ente unitario e fra il ’62 e il ’64 le società elettriche locali – Edison, Sip, Sme, Sade e così via – cedettero gli impianti alla neonata Enel. (Con gli incassi conseguiti dalle vendite delle centrali, queste società diversificarono).
Con lo shock petrolifero di metà anni ’70 furono realizzate le grandi centrali policombustibile, cioè che con interventi limitati potevano bruciare metano, oppure carbone, oppure olio combustibile. Ormai sono quasi tutte spente.
Il nucleare ha avuto una parabola discendente.
Negli anni ’50 l’Italia di Enrico Fermi era il Paese più avanzato al mondo nel nucleare civile (ovviamente l’Italia non ha mai avuto nucleare militare) con le tre centrali di Trino Vercellese (Fiat+Edison), Garigliano (Iri) e Latina (Eni), poi l’Enel ha realizzato la centrale di Caorso. Il referendum del’87, subito dopo Cernobyl, ha bloccato questa esperienza.
Ci sono stati due altri grandi cambiamenti. Il primo con la liberalizzazione elettrica del ’99: la competizione ha portato a fortissimi investimenti di nuove società elettriche in nuove centrali a ciclo combinato, in sostituzione dei grandi impianti dell’Enel.
Il mix energetico di Usa e big europei La produzione lorda di energia in diversi paesi divisa per fonte. Dal menu si possono selezionare singole voci e con la freccia si può passare da valori percentuali ad assoluti. Dati in GWh. Fonte: Eurostat e US Monthly Energy Review
La Cina e gli altri La produzione energetica nelle principali aree del mondo. Scegliendo dal menu una singola fonte si possono fare i confronti di dettaglio. Dati inTWh. Fonte: Bp energy outlook 2020
La struttura del mercato del gas era basato sulle concessioni comunali e su una rete di gasdotti realizzati dalla snam, che allora era la società nazionale metano dell’Eni. Dalla liberalizzazione del 2000 il mercato è stato diviso:
Non sono ammesse integrazioni verticali. L’approvvigionamento è svolto da trader, società di shipping, compagnie internazionali. Il trasporto è in condizioni di monopolio della Snam (pubblica attraverso la Cassa depositi e prestiti) che mette all’asta fra tutti lo spazio nelle condutture.
La distribuzione è rimasta su concessione comunale ed è la gestione delle condutture urbane e dei contatori per conto delle società che vendono il gas. Gran parte delle concessioni comunali sono scadute da anni e vengono prorogate senza bandire nuove gare per l’affidamento delle reti.
La vendita è fatta dalle società di vendita, libere e in competizione.
Bilancio annuale del gas naturale Dati del ministero dello sviluppo economico. Milioni di Standard metri cubi a 38,1MJ/mc
Bilancio mensile del gas naturale Dati del ministero dello sviluppo economico. Milioni di Standard metri cubi a 38,1MJ/mc
Nel 2019 abbiamo bruciato 74 miliardi di metri cubi di metano (+2,3% rispetto al 2018).
Dal 1962 al 1999 l’Italia è rimasta in regime di monopolio elettrico con l’ente di Stato, l’Enel.
Erano sopravvissute alcune concessioni storiche (Aem e Asm oggi A2A, Sondel Falck oggi Falck Renewables, Selm Montedison oggi Edison ceduta a Fiat e poi alla francese EdF).
Con la privatizzazione dell’Enel, quotata in Borsa, e il decreto Bersani del ’99 il settore è cambiato completamente.
Nella produzione operano Enel Produzione, la ceca Eph, Edison (EdF), A2A, Eni, la svizzera Axpo, l’Eni e centinaia di altre aziende con centrali piccole e grandi.
Il trasporto in alta tensione è in esclusiva a Terna, spa quotata e controllata dallo Stato. Il funzionamento è simile a quello di un’autostrada: l’accesso alla rete è libero a ogni operatore, che pagherà un pedaggio per il servizio.
La distribuzione in media e bassa tensione è delle società locali di distribuzione, di cui la maggiore è la Servizio Elettrico (Enel). Le aziende di distribuzione gestiscono la rete e i contatori. Anche in questo caso il funzionamento è simile a quello di un’autostrada: l’accesso alla rete è libero a ogni operatore, che pagherà un pedaggio per il servizio.
Le società di vendita sono molte centinaia e operano in competizione fra loro. La vendita è libera, a patto che vi sia un accreditamento ufficiale. Basta pensare che nel quartiere cinese di Milano (il quartiere Sarpi) esiste una società di vendita di energia mirata ai clienti cinesi, e si chiama China Power.
Le società di vendita si approvvigionano di contratti di fornitura tramite la borsa elettrica o tramite accordi diretti (Ppa) e rivendono la corrente ai consumatori industriali o domestici.
Nell’elettricità e nel gas i consumatori domestici possono rimanere nel mercato a maggior tutela con tariffe regolate ogni tre mesi dall’autorità dell’energia Arera, tariffe che fanno da benchmark e riferimento anche per il mercato libero; se vogliono, i consumatori possono cambiare operatore e passare al mercato libero con tariffe commerciali. Si può passare in qualsiasi momento dall’uno all’altro segmento.
Il mercato libero opera in modo molto aggressivo con contratti spesso rivenduti da “retisti” (società che svolgono anche ricupero crediti, polizze assicurative eccetera).
Oggi le società energetiche per differenziare l’offerta dal solo prezzo aggiungono servizi quali l’efficienza energetica, consulenze e così via.
La Borsa elettrica è il principale mercato di scambio dell’elettricità. È gestito dalla società Gestore dei mercati energetici, una spa controllata dal Gestore dei servizi energetici.
Meccanismi simili sono adottati dalle principali borse elettriche europee come Omel (Spagna), Eex, Nordpool, Apex. Fra loro vi sono alcune integrazioni. Per esempio, la Borsa elettrica italiana coordina anche l’area della Slovenia e di altri Paesi vicini.
Senza spese per il combustibile, con priorità di dispacciamento e di negoziazione alla Borsa elettrica, distribuite in modo puntuale ovunque, incentivate (ma sempre meno), incostanti nel produrre, le fonti rinnovabili hanno portato un cambiamento profondo nel mercato elettrico.
Il sistema elettrico è nato e si è sviluppato con una struttura a stella. La centrale da cui si dipartono le linee di alta tensione e poi di media e bassa tensione verso i punti di consumo.
Invece le fonti rinnovabili si collocano non dove conviene ma dove… dove c’è il sole più smagliante, il vento più forte e costante, il fiume più generoso. Non dove si vuole ma dove si può.
Quindi si collocano inframmezzate in mezzo alla rete ed erogano energia in modo incostante e con flussi orientati in modo multidirezionale.
Ciò ha messo in difficoltà molte società elettriche che avevano investito in centrali termoelettriche, ora costrette a stare spente e quindi a non fatturare il rientro dall’investimento, e sta imponendo
L’automobile sarà elettrica? Sarà alimentata con idrogeno? La rivoluzione nella mobilità è arrivata con il motore a scoppio, lo stesso che per leggerezza ed efficacia aveva consentito di inventare l’aeroplano.
Ora forse si avvicina il momento di metterlo in pensione. Tuttavia pare che l’uscita di scena del motore a scoppio sarà molto graduale. Per questo motivo, fra le soluzioni si pensa anche a offrire subito, alle automobili convenzionali, una soluzione a basso impatto ambientale attraverso i biocarburanti.
Il motore a vapore, troppo pesante e poco efficiente, si presta solamente per i grandi mezzi di trasporto, come i piroscafi (la navigazione si è liberata dalla schiavitù del remo e della vela) e come i treni. Il motore a scoppio ha cambiato le prospettive dell’umanità.
La libertà di movimento data dall’automobile è impareggiabile. Anche se ci disturba l’abuso dell’automobile e l’eccesso di traffico, l’umanità ambisce il veicolo individuale per liberarsi dalla servitù dell’immobilismo.
È esemplare il caso della Cina, il Paese che fino agli anni ’90 era caratterizzato dalla mobilità di milioni di biciclette. Appena è stato loro possibile, i cinesi hanno abbandonato la limitatezza e si sono lanciati sulle automobili: oggi ne circolano 270 milioni.
I vietnamiti sono meno ricchi e la loro libertà di movimento è consentita dagli scooter; nella sola capitale Hanoi si stimano 5 milioni di motorini per i 7 milioni di abitanti.
Mentre in Norvegia, il più forte Paese petrolifero europeo, già due terzi delle vetture vendute sono con il motore elettrico, in Italia nei primi mesi del 2020 era stato immatricolato appena l’1,7%.
La Norvegia ha una particolarità: ha imposto per legge il motore elettrico e le automobili sono usate soprattutto per spostamenti di prossimità, mentre le distanze e la conformazione del Paese sono tali da imporre l’aereo o il treno per spostamenti di maggiore entità.
Le tecnologie elettriche, come dimostra il caso Tesla, sono sempre più efficaci rispetto alle vetture di un tempo alimentate con accumulatori al piombo.
Un altro vantaggio delle vetture elettriche è la pervasività della rete di distribuzione di corrente, che in Europa giunge anche nei luoghi più remoti.
Sicuramente nell’intero ciclo di vita, cioè dalle materie prime fino allo smaltimento finale, anche le macchine elettriche hanno un impatto ambientale, ma anche considerando la peggiore soluzione nel produrre l’elettricità, come nel caso del carbone, l’impatto ambientale di una vettura elettrica risulta comunque minore rispetto a quello di un’auto convenzionale.
La disponibilità di punti di ricarica è ancora scarsa e le ricariche veloci richiedono potenze non sempre disponibili sulla rete elettrica di distribuzione locale.
Immatricolazioni nuove vetture in Italia per tipo di motore Dati del ministero dei trasporti riferiti ai primi sei mesi del 2020
Diverse case automobilistiche cercano di sviluppare motori a idrogeno. Il vantaggio è che non c’è bisogno di modificare in modo sostanziale i motori attuali a benzina. Diventerebbero non troppo diversi dai motori a metano.
Il vantaggio è che il processo di “combustione” dell’idrogeno con l’ossigeno sviluppa solamente acqua.
L’idrogeno però pone tre problemi.
Ma l’idrogeno potrebbe avere un utilizzo diverso rispetto all’uso diretto come carburante. Potrebbe essere la materia prima per ottenere nuovi carburanti di sintesi, benzina e gasolio estratti non dal sottosuolo bensì da oli vegetali oppure perfino all’aria.
Le immatricolazioni di auto per tipo di alimentazione I primi 10 paesi europei per motori alternativi a diesel e benzina. Seleziona la singola voce per vedere il dettaglio tra auto elettriche, ibride, metano, ecc. Dati primo trimestre 2020. Fonte: Acea
Una delle prospettive per ridurre subito le emissioni di anidride carbonica senza dover aspettare il cambiamento della tecnologia viene dai biocarburanti. Molti sostengono questa scelta, che dà risultati immediati.
Perfino le compagnie petrolifere e le raffinerie si dicono pronte a cambiare la fonte di approvvigionamento e a lasciare il petrolio per offrire alle automobili convenzionali carburanti a zero CO2.
I biocarburanti sono idrocarburi ottenuti non dall’estrazione del petrolio del sottosuolo (quindi anidride carbonica aggiuntiva) bensì dalla lavorazione di carbonio già presente nel ciclo.
È un ottimo biocarburante e biocombustibuile il metano ottenuto facendo fermentare gli scarti agricoli o i rifiuti organici; purtroppo questo tipo di impianti è oggetto di una campagna di contestazioni locali che vogliono impedirne la produzione.
Ma sono biocarburanti l’alcol in sostituzione della benzina (come l’etanolo della fermentazione di amidi e zuccheri) e il biodiesel ottenuto per transesterificazione dei grassi (come l’olio di palma).
Si stanno cercando materie prime non legate a colture in concorrenza con le derrate alimentari: non sono apprezzati l’alcol estratto dalla fermentazione del granturco o il gasolio ricavato dall’olio di palma. Quali le materie prime energetiche dei biocarburanti del futuro?
Mentre a Gela e a Marghera le raffinerie dell’Eni stanno sperimentando una miscela di idrocarburi ottenuta dalla lavorazione dei rifiuti umidi urbani, ci sono ottime prospettive per ricavare grassi dalla coltura delle alghe oppure della giatrofa (jatropha curcas), una robustissima pianta tipica delle aree desertiche.
Anche il ricino può dare prospettive interessanti con il suo olio usato da sempre come lubrificante per motori speciali. Altre prospettive possono venire dalle biotecnologie.
Se raffreddato a -163 gradi sotto zero il metano condensa e diventa liquido come acqua. Liquefatto, ha una densità circa 600 volte maggiore rispetto al metano in forma gassosa.
Come carburante, il metano liquido si presta per essere conservato in serbatoi simili a enormi termos, i quali mantengono la temperatura, per poi essere usato dai grandi motori delle navi o dai camion delle grandi aziende di trasporto.
Il motore elettrico è molto meglio del motore termico, cioè è meglio del classico motore a scoppio. Non c’è alcun dubbio che quello elettrico è il motore del domani.
È più semplice. Si basa su un avvolgimento circondato da magneti. Chiede pochissima manutenzione.
È sempre al regime di coppia massima, quindi non chiede il cambio di velocità con le sue inerzie, gli attriti, le usure e le inefficienze della rotazione fuori regime di coppia.
A ogni ruota può essere calettato un diverso motore elettrico, e quindi non serve il differenziale con le sue inerzie, gli attriti e le usure.
Ogni parte del motore elettrico è finalizzata alla sua rotazione. Al contrario, gran parte del motore a scoppio è mirato a far funzionare il motore, non a generare la spinta: la pompa del carburante; il circuito di raffreddamento con il liquido, il radiatore e la pompa di ricircolo; la coppa dell’olio e il circuito del lubrificante; la distribuzione con il sistema di apertura e chiusura delle valvole; il sistema di espulsione dei gas combusti con il catalizzatore e i vari filtri; candele, candelette, spinterogeno e sistema di accensione.
In altre parole, il motore elettrico è incomparabilmente migliore, più facile, più efficiente del motore termico. Infatti lo si usa sui treni, nelle lavatrici, per i compressori, nei frigoriferi, sulle metropolitane, nei condizionatori d’aria, nei filobus e così via.
Tutte applicazioni in cui il motore elettrico è allacciato alla rete elettrica con una presa, con un pantografo, con un filo, con un trolley, con una spina.
Però appena il motore elettrico deve portare con sé la fonte d’energia, cioè la batteria, ecco perde tutto il vantaggio competitivo che aveva rispetto al motore termico.
L’inadeguatezza dell’auto elettrica, il suo limite che ne frena la diffusione è tutta lì: nell’inefficienza della conversione elettrochimica dell’elettricità.
Finché non sarà indovinato un modo più efficace per accumulare l’elettricità, il problema rimarrà insormontabile. Non a caso una delle soluzioni adottate è portare con sé l’energia in altra forma (per esempio, come idrocarburo o come uranio) e trasformarla in elettricità al momento del bisogno con un generatore di elettricità.
Così fanno le automobili ibride; così fanno le navi di nuova concezione, dove i motori nella sala macchine non danno la propulsione ma sono solamente generatori che alimentano di corrente i motori elettrici; così fanno le navi atomiche e i sottomarini nucleari.
Le tecnologie energetiche basate sulle fonti rinnovabili possono essere suddivise in diversi modi, per esempio rinnovabili elettriche e rinnovabili termiche. Una suddivisione è fra le fonti rinnovabili programmabili e le fonti rinnovabili non programmabili.
Le fonti rinnovabili programmabili sono quelle che si comportano come le normali centrali elettriche, cioè si può aumentare o diminuire a piacere la produzione.
La qualità delle previsioni meteo riesce a predire con altissima precisione quale produzione verrà dagli impianti eolici, solari e idroelettrici ad acqua fluente, quindi la produzione è prevedibile, ma non è modulabile a piacere.
Ma il sistema elettrico deve seguire di continuo l’andamento della domanda, tenendo la frequenza della corrente alternata ai 50 Hertz.
La domanda elettrica varia di ora in ora e in genere segue un profilo con due punte massime in tarda mattinata e a fine pomeriggio, e consumi più contenuti nella pausa di pranzo e soprattutto di notte.
Questo profilo varia anche secondo le stagioni; le curve di variazione sono più accentuate durante l’inverno e più appiattite in estate. L’andamento dei consumi giornalieri si vede con chiarezza sul sito della Borsa elettrica.
Per poter soddisfare la domanda elettrica anche quando le nuvole oscurano i pannelli fotovoltaici e quando la bonaccia non fa girare i ventilatori eolici bisogna tenere numerose centrali termoelettriche pronte ad accendersi non appena c’è bisogno.
Si usano centrali turbogas a ciclo aperto, immediate nell’accensione, oppure centrali turbogas a ciclo combinato, più lente nell’avviarsi ma più efficienti.
Queste centrali tenute pronte a entrare in produzione vengono pagate per rimanere spente molte ore; si chiama “mercato della capacità” e serve a rimunerare non la produzione ma la potenza tenuta spenta.
Un altro problema delle fonti rinnovabili è la modesta densità energetica di solare ed eolico. Per produrre le stesse quantità di chilowattora di una centrale termoelettrica servono estensioni importanti di pannelli al silicio oppure un gran numero di eliche eoliche, con problemi di consenso dei cittadini che vi abitano vicino e di tutela del paesaggio.
Questo è uno dei problemi che si stanno ponendo nei Paesi che stanno puntando con velocità a sostituire le centrali alimentate da fonti fossili con centrali rinnovabili.
Un modo per equilibrare il rapporto fra la produzione incostante delle fonti rinnovabili e il consumo reale è realizzare sistemi di accumulo.
Un modo di accumulare energia sono i bacini di pompaggio. In Italia non sono molti, e sono centrali idroelettriche con la diga che però hanno una proprietà: non solamente possono produrre corrente quando l’acqua scende con forza dalla diga, ma possono anche ripompare l’acqua dal basso fino al bacino in alta quota, riempiendo di nuovo la diga.
Se di notte, quando la domanda elettrica è bassa, c’è molto vento i generatori eolici producono corrente elettriche che andrebbe dispersa e inutilizzata; se viene usata per ripompare l’acqua nella diga e riempire il bacino, quell’energia eolica è stata trasformata in energia idroelettriche da usare quando più farà comodo.
Un altro modo per accumulare l’energia rinnovabile sono gli impianti fatti di grandissime qualità di batterie al litio che si stanno allestendo lungo le linee di alta tensione; il principio è sempre quello di accumulare nelle batterie la corrente rinnovabile quando vento e sole superano il consumo e restituire alla rete quell’elettricità quando il consumo è alto ma vento e sole sono scarsi.
Ci sono anche accumuli di altro tipo. Il surplus energetico delle fonti rinnovabili di energia può essere usato per estrarre l’idrogeno con l’idrolisi dell’acqua; insomma l’elettricità eolica o solare sarebbe stoccata sotto forma di idrogeno; nel momento del bisogno quell’idrogeno sarà usato come carburante o come materia prima per ottenere carburanti. Stoccaggio chimico .
Oppure si può usare la corrente elettrica in eccesso per far marciare un compressore e comprimere un gas qualunque dentro a bombole; nel momento del bisogno, si apre la bombola e il gas compresso uscendo farà girare una turbina per restituire quell’energia. Stoccaggio cinetico.
Oppure si può usare la corrente elettrica in eccesso per riscaldare una grande massa (roccia, acqua) da conservare calda; nel momento del bisogno quel calore servirà a far bollire acqua e produrre il vapore con cui far girare una turbina per restituire quell’energia. Stoccaggio termico.
Che cosa accadrà? C’è chi sostiene che il virus della primavera 2020 ha accelerato l’uscita dall’èra del petrolio (Azzurra Pacces) e chi afferma il contrario, che l’epidemia ha aiutato il petrolio (Alberto Clô ).
La transizione verso nuove forme di energia è inevitabile e fa parte della normale evoluzione tecnologica, promossa anche da motivi ambientali come l’impegno nel ridurre le emissioni di anidride carbonica. Il dubbio non è il “se” (la transizione accadrà e sta già avvenendo) ma il “quando” e il “come”.
Ecco alcune tecnologie disponibili già oggi che nei prossimi anni potranno aiutare il cambiamento.
La fusione nucleare, cioè lo stesso processo fisico che accade nel Sole e nelle stelle, ha un contenuto energetico altissimo e un impatto ambientale modestissimo.
Accade quando due atomi minuscoli di idrogeno si fondono insieme trasformandosi in un atomo di elio. In forma incontrollata, questo processo si riesce a ottenere nella bomba H. Bisogna catturare e governare quell’energia in un processo controllato.
Le difficoltà sono proibitive; per esempio le temperature del flusso del plasma in cui deve avvenire la reazione di fusione sono talmente alte che non c’è alcun materiale capace di contenere la reazione senza fondere, così la “scatola” in cui avviene la reazione è un sistema di magneti che tiene in sospensione il bolo infiammato, senza toccarlo.
Da decenni la scienza e la ricerca si avvicinano a questo risultato ma da decenni gli scienziati e i ricercatori ripetono che “serviranno almeno ancora 30 anni”, e questi 30 anni futuri si spostano in avanti nel tempo. Il progetto che sembra più vicino è Iter, un impianto cui partecipano le nazioni più innovative al mondo (tra le quali l’Italia) in allestimento a Cadarache, nei dintorni di Marsiglia (Francia).
Accade quando due atomi di grossissimo uranio si spaccano in due atomi più piccoli ed emettono energia. In forma incontrollata, è la bomba A. In forma controllata e gestita, è la tecnologia inventata da Enrico Fermi con la Chicago Pile-1 e tuttora usata in tutti i reattori nucleari.
Ha un contenuto energetico altissimo ma produce radioattività e scorie che impongono una sicurezza molto alta. Le nuove tecnologie dei reattori autofertilizzanti riescono a ridurre in modo considerevole i problemi legati alla radioattività mentre la miniaturizzazione degli impianti potrebbe arrivare fino a ottenere generatori di dimensioni così compatte da potere stare in spazi limitatissimi, come quelli dei satelliti artificiali che ne sono già dotati.
Le tecnologie per estrarre energia dalle onde del mare, dalle correnti, dal flusso di marea sono molte e seguono princìpi fisici assai semplici. I loro limiti non sono tecnici bensì tecnologici: come altre fonti rinnovabili di energia, producono non là dove serve e quando serve bensì là dove è disponibile la fonte e nella misura data dal flusso naturale.
Più complessi sono gli strumenti che producono energia di fonte piezoelettrica dal passaggio di persone e veicoli su strade e marciapiedi, oppure i dispositivi di ricarica per induzione.
Le nuove tecnologie di produzione di biocombustibili - come il metano da fermentazione (biometano) e gli altri idrocarburi non fossili - puntano a materie prime che non competano con le colture alimentari, come accade invece con l’olio di palma.
La giatrofa, le alghe, le colture di batteri selezionati anche tramite l’editing del genoma, il ricino sono tutti modi per ottenere materie prime energetiche senza perforare giacimenti e senza togliere derrate agli affamati del mondo.
L’idrogeno è un atomo minuscolo e soprattutto estremamente reattivo. Appena è libero, si combina con qualche altro atomo e forma molecole complesse. In natura è difficilissimo trovare idrogeno libero e in genere è combinato con l’ossigeno sotto forma di acqua. Per ottenerlo in quantità sufficiente, bisogna spezzare le molecole in cui l’idrogeno è combinato, e per spezzare le molecole serve energia.
Spiegato in modo semplice, nell’acqua si mettono due potenti elettrodi e si fa scorrere un flusso intenso di elettricità; i due elementi si separeranno e gorgoglieranno bolle di idrogeno e di ossigeno.
L’energia necessaria a dividere l’acqua in idrogeno e ossigeno è superiore alla quantità di energia che darà poi l’idrogeno “bruciando” con l’ossigeno per tornare acqua; in altre parole, l’idrogeno dà un bilancio energetico negativo (chiede più energia di quanta ne renda). Come estrarre idrogeno dall’acqua senza inquinare?
L’obiettivo è immettere la corrente elettrica per praticare l’idrolisi dell’acqua senza avere bisogno di bruciare combustibili inquinanti né di sprecare corrente elettrica utile per altre applicazioni.
I progetti dicono di approfittare dei momenti in cui la domanda elettrica è bassa (di notte) e l’offerta è alta (se c’è vento per l’eolico oppure con le centrali nucleari) per usare quella corrente elettrica inutilizzata e ricavare idrogeno dall’idrolisi dell’acqua.
L’idrogeno estratto con energia da fonti rinnovabili viene chiamato idrogeno verde e piace a molti ambientalisti; l’idrogeno estratto dall’acqua con elettricità da fonte nucleare o da processi di sintesi chimica viene chiamato idrogeno blu e fa arricciare il naso a molti ambientalisti.
Ovviamente le definizioni verde e blu sono nostre classificazioni e le molecole di idrogeno sono identiche. Come usare questo idrogeno? Più dell’uso diretto come combustibile l’idrogeno può essere una materia prima per ottenere nuovi prodotti energetici più facili ed efficienti da usare.
Per ottenere idrocarburi servono due ingredienti. L’idrogeno e il carbonio. L’idrogeno può essere estratto dall’acqua con il processo dell’idrolisi. L’acqua è fatta di ossigeno e di idrogeno. E il carbonio può essere estratto dall’aria. L’anidride carbonica è fatta da ossigeno e carbonio.
Nell’aria l’anidride carbonica la concentrazione è salita ed è arrivata a 400 parti per milione, cioè 0,04% dell’atmosfera, troppo concentrata per scaldare il clima ma troppo diluita per usarla come materia prima. Quindi si sta cercando di estrarre la CO2 là dove vogliamo toglierla e dove è concentrata: dai fumi delle ciminiere.
Così gli scienziati e gli ingegneri sono riusciti a fare questo processo:
L’idrogeno, che venga definito idrogeno blu o idrogeno verde non cambia, può essere una materia prima anche per ottenere un altro carburante. Con il processo di idrogenazione dei grassi (come i grassi delle alghe o come l’olio di giatrofa, che non sono commestibili) si possono ottenere gasoli di altissima qualità, molto più efficienti degli attuali biodiesel ottenuti per transesterificazione.
L’Arera (autorità di regolazione dell’energia, delle reti e dell’ambiente), ha aggiunto competenze negli anni e quindi ha cambiato nome: è chiamata anche Autorità dell’energia (sua prima vocazione), anche Aeeg (il vecchio nome dell’Autorità dell’energia elettrica e il gas), e anche Aeegsi (Autorità dell’energia elettrica, il gas e i servizi idrici). Sede: Milano. Presidente, Stefano Besseghini.
Assorisorse-Assomineraria. È l’associazione delle imprese dell’upstream petrolifero, cioè che lavorano estraendo le materie prime del sottosuolo.
Aziende elettriche e del gas: le maggiori aziende sul mercato elettrico e del gas sono Enel, Edison, Sorgenia, Hera, A2A, Eni, Axpo, Eph. Le principali aziende del settore petrolifero in Italia sono Eni, Shell, Total, Gas Plus per l’upstream dei giacimenti; Eni, Api-Ip, Q8, Lukoil, Saras per la raffinazione; Eni, Q8, Api-Ip, Esso, Tamoil per il downstream della distribuzione finale. Alcune fra le più note aziende delle rinnovabili sono Enel, Erg, Falck, A2A, Edison.
Il Governo. I ministri di riferimento sono lo Sviluppo economico (detto anche Mise), ministro Patuanelli, e in misura minore l’Ambiente (detto anche Mattm), ministro Costa.
Gse, gestore dei servizi energetici. Spa pubblica che gestisce il sistema degli incentivi e controlla diverse società tra le quali
Snam. Gestisce la rete di alta pressione del gas a lunga distanza.
Terna. Gestisce la rete di alta tensione elettrica a lunga distanza.
Unione petrolifera. È l’associazione delle compagnie del “downstream” petrolifero, cioè dalla raffinazione fino al serbatoio dei veicoli.
Argomenti: ambiente, energia, fonti rinnovabili, ecologia, energia eolica, storia, chimica, trasporti, inquinamento, cambiamenti climatici, imballaggi, riciclo, scienza, medicina, risparmio energetico, industria farmaceutica, alimentazione, sostenibilità, petrolio, venezia, gas.
Premi: premio enea energia e ambiente 1998, premio federchimica 1991 sezione quotidiani, premio assovetro 1993 sezione quotidiani, premio bolsena ambiente 1994, premio federchimica 1995 sezione quotidiani.