Le conseguenze del global warming? Evidentissime, anche a livello locale. E la Campania non è un’eccezione. Arriva dal nuovo rapporto annuale dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente la conferma di una crescita quasi esponenziale degli eventi climatici estremi nell’ultimo decennio. Con caldo record nei mesi estivi e piogge sempre più intense, notti tropicali e grandinate estreme. E con trombe d’aria sempre più violente.
Settanta gli eventi estremi dal 2010 al 1 novembre 2021, un’escalation che preoccupa le amministrazioni locali e amplifica il rischio idrogeologico di un territorio spesso fragile, in particolare nella Costiera e sulle isole. Nell’ultimo decennio, in particolare, sono stati registrati 25 danni da trombe d'aria, 21 allagamenti da piogge intense, 14 episodi di danni consistenti a infrastrutture o al patrimonio storico a causa del maltempo e 5 esondazioni fluviali.
E la città di Napoli è tra le più colpite: in totale, per 15 giorni si sono registrati stop a metropolitane e treni urbani a causa del maltempo. Maglia nera, a sorpresa, a Torre Annunziata: 8 trombe d’aria hanno creato, nel periodo in esame, danni a stabilimenti balneari, esercizi commerciali ed abitazioni. Realizzato con il contributo del Gruppo Unipol e con la collaborazione scientifica di Enel Foundation il rapporto è mirato a far crescere l’attenzione e le analisi scientifiche sugli impatti che la crisi climatica ha sulle aree urbane e sul territorio italiano e per chiedere di accelerare le politiche di adattamento al clima, a livello nazionale e locale.
E i dati sono eloquenti, altroché. “Dimostrano ancora una volta che serve un cambio delle politiche di fronte a fenomeni di questa portata. - sottolinea Francesca Ferro, direttrice Legambiente Campania - Cambiamento climatico e dissesto idrogeologico sono due facce della stessa medaglia. In Italia dal 1999 al 2021 sono stati 6.401 gli interventi avviati per mitigare il rischio idrogeologico per un totale di poco meno i poco meno di 7 miliardi di euro spesi. La Campania è tra le regioni che hanno ricevuto i maggiori finanziamenti, ben 500 milioni di euro per 381 interventi, ma nonostante ciò si conferma una regione dai piedi di argilla. La Regione deve attuare un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, documento necessario per una programmazione efficace di una seria politica di pianificazione territoriale. Un piano da fare bene e subito”.
Il cambiamento climatico ha traccia, tra l’altro, nella crescita sensibile del valore medio della temperatura nelle aree urbani: a Napoli l’aumento nel periodo 1971-2000 è di circa 1,5 gradi, in linea con un trend comune a tutte le metropoli italiane. Le notti considerate “tropicali”, nelle quali vale a dire la temperatura non scende al di sotto dei 20°C, sono addirittura aumentate, a Napoli, di 62 unità. E ancora: secondo il Rapporto “Analisi del rischio - I cambiamenti climatici della Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici)", a Napoli si prevede un aumento di temperatura media di 2 gradi centigradi con 50 giorni l’anno di ondate di calore in più rispetto ad oggi (quasi due mesi in più di caldo estremo).
Le piogge intense, che fino ad oggi si sono verificate ogni 10 anni, potrebbero verificarsi ogni 4. Con un impatto sulla vivibilità della metropoli che – denuncia Legambiente – presenta criticità legate al difficile drenaggio di acqua piovana. Non è dunque difficile immaginare un aumento di voragini sulle strade ed edifici meno stabili per effetto dell’infiltrazione di acque piovane dalla superficie e la conseguente erosione del sottosuolo. Insomma, un quadro a tinte fosche per la regione e la Campania. Di fronte al quale, propone Legambiente, urge l’approvazione del “Piano di adattamento ai cambiamenti climatici”, documento necessario per arrivare preparati alla fine del 2022, quando sarà possibile rivedere gli interventi previsti dal Recovery Plan, pianificando specifici progetti nelle aree urbane e territoriali più a rischio.
E ancora: urgente, secondo l’associazione, rafforzare il ruolo delle Autorità di Distretto e dei Comuni negli interventi contro il dissesto idrogeologico. Vanno riviste, inoltre, “le norme urbanistiche per salvare le persone dagli impatti del clima, perché si continua a costruire in aree a rischio idrogeologico, ad intubare corsi d’acqua, a portare avanti interventi che mettono a rischio vite umane durante piogge estreme e ondate di calore”. Non c’è tempo da perdere, a quanto pare.