Gli 800 torèt torinesi: non solo getti continui di acqua fresca corrente, ma autentiche Muse ispiratrici – PiemonteTopNews

2022-09-09 17:51:24 By : Ms. Leona Deng

Ma ci sono anche molte altre fontanelle dalla foggia “alternativa”

TORINO. I torèt sono uno dei simboli di Torino. Nessun’altra città italiana vanta un numero così notevole di fontanelle dal getto continuo di acqua fresca corrente (sono quasi 800, disseminati nel territorio comunale!). Non c’è viale, giardino o mercato rionale torinese, in cui non sia posizionato almeno un torèt, così come non esiste una scuola, una chiesa, un edificio pubblico, nelle cui immediate vicinanze non sia presente una fontanella verde dalla testa di toro.

Ogni tòret, fontanella-icona della città, è una fusione in ghisa grigia lamellare, alta circa un metro, trattata con un fondo antiruggine e rifinita con una verniciatura a smalto, di colore verde bottiglia (Ral 6009).

Secondo l’Archivio Storico della Città di Torino, la prima fontanella pubblica in lega di ghisa, con getto fuoruscente dalla bocca di una testa di toro, venne installata il 17 luglio 1862. L’idea del responsabile della rete idrica urbana era di istallare un congruo numero di quel tipo fontanelle sull’intera area comunale, non solo per offrire un’opportunità ai cittadini di servirsi dell’erogazione continua di fresca acqua potabile, ma anche per stabilizzare la pressione della rete attraverso dei punti di “sfogo”.

Queste tipiche fontanelle in ghisa, dalla forma di parallelepipedo la cui parte superiore è centinata, ricordano vagamente una stele egizia (i legami tra la città e l’antico Egitto, come è noto, sono molteplici). In realtà, i torèt non sono proprio tutti perfettamente uguali. Le differenze (peraltro poco spiccate e dovute soprattutto alle lievi difformità degli stampi utilizzatI in fonderia, nonché alla diversa datazione della fusione) riguardano soprattutto la testa del toro, che può ricordare quella di un esemplare maturo, piuttosto che di un torello più giovane. Ma, come si diceva, questi sono particolari che solo un occhio attento può percepire e assolutamente ininfluenti: il torèt resta un’icona torinese dai tratti e dal profilo inconfondibili, riconosciuta come tale in ogni parte del mondo.

Esistono tuttavia alcuni torèt, diciamo così, anomali, o se si vuole, “fuori serie” Andiamoli dunque a cercare.

In piazza Carlo Alberto, ad esempio, sono stati posizionati due torèt, diciamo, modernizzati. Non sono in ghisa però, e non sono nemmeno verdi: sono delle fontanelle in granito, a forma di prisma, che riproducono in basso rilievo, sulla pietra, un toro stilizzato, simbolo della città. I Torinesi, con il consueto garbo subalpino, ma con efficace determinazione, hanno fatto capire agli amministratori che i torèt tradizionali sono tutt’altra cosa, e che le imitazioni non avranno mai il fascino dell’originale. E così qualsivoglia timido progetto di un loro eventuale restyling è naufragato sul nascere.

Non mancano poi fontanelle verdi di foggia diversa, disseminate in vari luoghi della città, nelle piazze o nei giardini.

C’è una fontanella, ad esempio, al Parco della Pellerina, che può ricordare vagamente un torèt, più per il colore che per la forma, per la verità: la differenza più macroscopica è che, in luogo della testa di toro, è dotata di una testa di un altro animale. Qualcuno sostiene che si tratti di una leonessa, qualcun altro ritiene che si tratti del muso di un giovane orso. Quel che è certo è che non si tratta di una testa di toro.

Un altro – raro, per la verità – tipo di fontanella torinese è quello che si trova in Piazza del Corpus Domini, all’angolo con Via Porta Palatina. Anche questa fontanella, più che un torèt anomalo, è una vera e propria fusione dalla foggia a se stante. Dei torèt condivide però il materiale (fusione in ghisa), lo smalto (color verde bottiglia), e soprattutto, il getto d’acqua, fresca e cristallina. In più, nella parte alta della fontana, da una vaschetta, scaturisce uno zampillo verticale alto una ventina di centimetri, che consente ai passanti di bere e di rinfrescarsi alla bisogna.

Il torèt, lo dicevamo in apertura di questo articolo, è diventato un’icona tipica della città, un simbolo. In dimensioni ridotte, proprio come succede per le riproduzioni in miniatura della Basilica di Superga e della Mole Antonelliana, è anche divenuto un simpatico gadget, un souvenir portafortuna per i turisti che visitano la città.

In formato gigante e reinterpretato secondo la fantasia dell’artista Nicola Russo, il torèt, rinominato Toh, è altresì diventato un monumento. Realizzato in tre esemplari, Toh è stato temporaneamente posizionato in tre diversi luoghi della città, in attesa di essere venduti all’asta: il ricavato sarà devoluto alla Fondazione Piemontese della Ricerca sul Cancro. Dei tre maxi-torèt, opera dello scultore napoletano Nicola Russo, da tempo residente a Torino, abbiamo già diffusamente parlato in un altro articolo di questo giornale e non ci soffermiamo ulteriormente: chi volesse rileggerlo può cliccare su questo link:

https://www.piemontetopnews.it/toh-i-tre-maxi-toret-dellartista-nicola-russo/

Un altro artista torinese, Leo Poldo, ha creato dei torèt alternativi: opere d’arte in ceramica o gesso, dorati e argentati: sculture da appendere sulle pareti di casa. Per le opere in ceramica, l’artista utilizza maiolica e oro lustro. Per il torèt dorato, impiega gesso e oro foglia. Tra gli artistici torèt di Poldo esistono anche quelli creati secondo l’antica tecnica giapponese del kintsugi. A proposito di questa tecnica, così commenta l’Artista: “…Le mie cicatrici, siano esse dell’anima o del corpo, sono parte di me. È ciò che mi rende forte: ed è per questo che nelle mie opere, le metto in bella mostra con l’oro. Kintsugi in giapponese significa riparare con l’oro, ed è una tecnica-filosofia oggi molto usata oltre che in ambiente artistico, anche nella psicologia occidentale”.

Ah, il fascino irresistibile dei torèt! Davvero possiamo affermare che non sono solo fontanelle. Ma autentiche Muse.

Bibliografia: Autori Vari, Torèt | Le fontanelle verdi di Torino, Ël Torèt-Monginevro Cultura, Torino (www.monginevrocultura.net)

Lorenza Abrate, Paolo Barosso, Roberta Bruno, Massimo Centini, Fabrizio Gerolla, Antonio Lo Campo, Massimo Davì, Germano Longo, Roberto Lugli, Enzo Maolucci, Chiara Parella, Beppe Ronco, Delfino Maria Rosso, Pier Carlo Sommo,  Roxi Scursatone, Mirco Spadaro, Danilo Tacchino,  Patrizia Veglione.

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Vice direttore: Ivano Barbiero

Per il mese di dicembre, proponiamo il sonetto della poetessa torinese Raffaella Frassati.

Sota ’n sol gargh as na va nèch ël di L’ùltim color dle feuje… dëstissà Le vigne grise màire dëspojà Ij crisantem ch’as chin-o dësfiorì

Ma ’l gran a seurt, ël but a docia ardì Tënnra dësfida al gel, lë vlu dël pra A s’ansatiss ëd vita dë stërmà Neu misterios ch’a lija passà e avnì

Antant le professìe për pì ’d na sman-a A arpeteran la gòj universal D’anginojesse dnas a na caban-a

Për sòn i veuj cantete, mèis final Sernù da Dé për pijé soa vesta uman-a Ant la neuit che i ciamoma Sant Natal.

Sotto un sole pigro se ne va triste il giorno / l’ultimo colore delle foglie spento / le vigne grigie, magre e spoglie / i crisantemi chini e ormai sfioriti. // Ma il grano spunta, il virgulto spinge ardito, / tenera sfida al gelo, il velluto del prato / si spessisce di vita nascosta, / nodo misterioso che lega passato e avvenire. // Intanto le profezie per più di una settimana / ripeteranno la gioia universale / d’inginocchiarsi davanti a una capanna. // Per questo voglio cantarti, o mese finale / scelto da Dio per assumere la veste umana, / nella notte che chiamiamo del Santo Natale.

 (a cura di Sergio Donna)

In questa rubrica riportiamo alcuni proverbi di tradizione popolare e contadina, in lingua piemontese sul mese di agosto.

Quand a pieuv d’Agost, a pieuv amel e most (Quando piove d’Agosto, piove miele e mosto)

L’ùltim fì as cheuj mai (L’ultimo fico non si raccoglie mai

La matinà a l’é la mare dla giornà (La mattinata è la madre della giornata)

A San Lorens, l’uva dai brombo a pend (A San Lorenzo, l’uva dai tralci pende)

La via dël vissi, a men-a al presipissi (La via del vizio, conduce al precipizio)

a cura di Sergio Donna (da Armanach Piemontèis 2019, Ël Torèt | Monginevro Cultura)

Lorenza Abrate, Paolo Barosso, Ernesto Bodini, Cesare Borrometi, Roberta Bruno, Alberto Calliano, Nina Catizone, Massimo Centini, Sergio Donna, Antonio Lo Campo, Germano Longo, Roberto Lugli, Enzo Maolucci, Maria Antonietta Maviglia, Beppe Ronco, Pier Carlo Sommo, Mirco Spadaro, Danilo Tacchino.

Redazione: redazione@piemontetopnews.it

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