BARI - L’asilo in fabbrica, la nursery per allattare, la mensa, il cinema e uno stipendio per le donne. Il welfare come lo pensiamo oggi, era realtà già nei primi del Novecento e il luogo di emancipazione femminile, che avrebbe poi dato a Bari la sua prima consigliera comunale, è stato l’ex Manifattura Tabacchi. Cittadella dentro la città, in attesa del grande cantiere da 30 milioni con cui Invimit Sgr costruirà la sede del CNR e del più moderno centro di ricerca al Sud, il grande complesso nel cuore del Libertà ha aperto le porte a circa 1700 persone per le Giornate FAI di Primavera. Il primo evento, dopo i due anni di pandemia, in cui 150 giovani sono tornati da fare da ciceroni ai visitatori. “Per festeggiare la 30° edizione delle Giornate FAI – ci dice Gioacchino Leonetti, capo delegazione FAI Bari e provincia - apriamo straordinariamente questo luogo eccezionale e sorprendente”. Dai vetri blu alla ciminiera, dalle piscine di lavaggio agli uffici con le colonnine in ghisa non è solo “uno splendido esempio di archeologia industriale”, ma un vero e proprio “pezzo di storia di Bari” che riapre dopo 40 anni.
Cos’era questo luogo di lavoro, che storia racconta? Questa bellissima struttura del primo ‘900 fa parte della storia di Bari e del patrimonio genetico dei baresi. E’ un pezzo di identità locale che ha dato lavoro a migliaia di persone, soprattutto donne, diventando esempio di emancipazione. Venivano a lavorare anche dal Salento. Molte si sono fermate a vivere qui: è nato un quartiere dove non c’era niente. Venne anche costruito un palazzo per gli alluvionati. La fabbrica, con mensa e cinema, offriva posti molto ambiti. Considerato che parliamo di un secolo fa, la Manifattura era molto avanti, pensata sul modello della Olivetti: le famose “tabacchine” portavano i figli nell’asilo della fabbrica e lo stipendio a casa, quando ancora non erano idee comuni o diffuse.
Perché avete scelto di riaprire l’ala che si affaccia su via Libertà, a pochi passi dal Redentore? Anche quando era in funzione, fino ai primi anni ‘80, non era accessibile perché potevano entrare solo i dipendenti che venivano tra l’altro controllati, perquisiti all’entrata e all’uscita, dai Monopoli di Stato. Ora mostriamo il complesso prima del restauro atteso a fine anno e che durerà 3 anni. Un’occasione unica.
Domenica mattina centinaia di persone in fila. Ve lo aspettavate? Il sold out online sui 28 turni di visita lo avevamo registrato già venerdì. Significa che migliaia di persone scelgono di riappropriarsi dei luoghi da cui si è esclusi. Ma innamorarsi di posti solitamente chiusi come questo, avendoli conosciuti, fa venir voglia di conservarli, preservarli e tutelarli. E’ lo spirito delle giornate FAI. Sono posti che fanno parte dell’identità della nostra città, un patrimonio sia culturale che sociale, pezzi di storia della città ma anche personale di tante famiglie, soprattutto di donne che ci hanno lavorato o di figli che avevano la mamma che lavorava qui e sono entrati qui da bambini. Molte persone si sono emozionate.
Rientrare è stato una specie di passaggio di consegne alle nuove generazioni: un ricordo che si è rivitalizzato. Tutto il quartiere era permeato dall’odore del tabacco e chi ci lavorava se lo portava sempre dietro. La vita del Libertà e di buona parte di Bari era scandita dalle sirene dalla Manifattura, che risuonavano anche fuori. Speriamo che con la riqualificazione questo luogo torni ad essere volano di sviluppo, che ci sia una riqualificazione urbana, sociale e culturale.
Cosa affascina di questo luogo in grande abbandono? Chiuso negli anni ‘80, per un certo periodo fu usato per i processi alla Scu e come aula bunker ma poi richiuso. Per aprilo sono serviti dieci giorni per ripulire, tagliare le erbacce, mettere brecciolino e sistemare un percorso obbligato perché gli edifici sono in rovina, pieni di vetri rotti. Grazie a Invimit che lo gestisce, è stato messo in sicurezza. L’abbandono si vede ma è un luogo affascinantissimo.
Cosa l’ha colpita di più? Gli uffici bellissimi al primo piano, le colonnine in ghisa, i locali enormi di questa cattedrale industriale, ma anche le vetrate blu al piano terra. I vetri erano colorati per evitare che la luce del sole rovinasse le foglie di tabacco. E la ciminiera: venne pensata in asse viario con l’Ateneo, per creare un raccordo simbolico tra la parte nuova e il centro.
ex manifattura tabacchi , bari , fai
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