Beach rock: non sono strade romane!

2022-05-20 18:04:47 By : Mr. Shibakawa GZ

Divagazioni su processi, forme e tematiche ambientali della spiaggia. Una rubrica a cura del GNRAC.

Sulle coste tropicali, ma anche lungo quelle del Mediterraneo, le spiagge sono spesso orlate da un banco di roccia con la superficie quasi orizzontale. Talvolta si trova in continuità con la battigia, molto spesso sul fondale antistante, ma ne abbiamo anche a quote più elevate. In Italia si racconta che siano strade romane, mentre forse in Egitto si dirà che sono strade egiziane; ed effettivamente in alcuni tratti la superficie è bella piatta e percorsa da fratture che fanno pensare a lastre giustapposte.

Il fatto che dal periodo romano a oggi il livello del mare si sia innalzato di circa un metro renderebbe plausibile questa interpretazione, ma basta osservare con attenzione un pezzo di quella roccia per capire che… non ha fatto molta strada: è nato sul posto! Però in molte località, come per esempio a Volterra, è stata usata proprio come lastricato stradale; quindi, di strade ne ha fatte!

Quasi sempre la beach rock presenta una stratificazione ben definita, in leggerissima pendenza verso il mare, e forma delle bancate che possono avere uno spessore anche di uno o due metri, con un valore massimo fino a oggi trovato di 5 metri: un po’ troppo anche per reggere un’intera legione romana!

Questa roccia si forma all’interno della spiaggia (da qui il nome di beach rock) per la precipitazione del carbonato di calcio (calcite o aragonite) fra il livello della bassa e quello dell’alta marea, oppure al contatto fra la falda dolce e quella salata. Nel processo di formazione si ritiene che possano avere un ruolo anche alcuni batteri che vivono nel corpo della spiaggia proprio in quel livello. Nella Toscana centrale, dove è assai frequente, ha preso il nome di “panchina”, che viene ora utilizzato in tutto il paese.

Dato che si forma sotto la sabbia, vedere la beach rock non è un buon segno: significa che la spiaggia è in erosione. L’età di formazione invece può essere anche romana, perché per essersi formata a quella quota, il livello del mare non poteva essere molto più basso e quindi non può avere più di qualche millennio.

Nel Golfo di Follonica vi si trovano inglobati i “loppi”, le scorie della fusione del ferro degli Etruschi; alle Hawaii i tappi della CocaCola! Ovviamente più frequenti sono i gusci e gli scheletri degli animali marini.

Ma quello che succede oggi accadeva anche nel passato, e lontano dalla costa possiamo trovare livelli di beach rock formatisi quando, nelle fasi interglaciali, il livello del mare era più alto.

La facilità con la quale se ne possono produrre delle lastre ne ha fatto una buona pietra da costruzione per tutte le popolazioni costiere. La necropoli etrusca di Baratti, in Toscana, è fatta in buona parte con questo materiale, ma ora, almeno in Italia, la sua estrazione è vietata, almeno lungo le spiagge. Ciò è dovuto anche al fatto che queste rocce, essendo gli unici elementi stabili lungo i litorali sabbiosi, contribuiscono alla biodiversità, ospitando animali e piante di vario genere.

Un altro motivo per la sua tutela è che la beach rock costituisce un’efficiente difesa costiera e simula esattamente le scogliere parallele sommerse o semi-affioranti. Ovviamente non è possibile averla delle dimensioni e alla distanza da riva ottimale, ma in genere ha una cresta piuttosto larga in grado di dissipare efficacemente l’energia del moto ondoso. Se sono presenti dei varchi, la sabbia può uscire come nelle scogliere parallele e altrettanto pericolose sono le rip currents che possono attraversarli.

In ogni caso, se sulla spiaggia affiora la beach rock non si possono manifestare processi erosivi molto intensi, perché questi portano a scoprirla sempre più, facendola diventare via via più efficace.

La matrice carbonatica rende la beach rock soggetta a un’alterazione, come quella dell’ambiente carsico, che produce superfici molto rugose. Nelle piccole cavità rimane l’acqua che le ha sommerse in bassa marea e quella portata dalle mareggiate, e al processo carsico si associa l’aloclastismo (ovvero la rottura della roccia per la formazione dei cristalli di sale), tanto che la superficie è costellata di vaschette (marmitte) e può diventare talmente rugosa da rendere difficile il cammino. Quindi, non tutte le “strade romane” sono lisce!

Il margine esterno della piattaforma è spesso soggetto allo scalzamento alla base, anche perché, come indicano alcuni studi, i livelli inferiori sono meno resistenti. Questo determina il crollo di blocchi e la presenza di uno scalino che, invece di smussarsi, arretra con una parete verticale. Ecco che i sedimenti, che vengono portati al largo dalle mareggiate, hanno difficoltà a riavvicinarsi a riva, in particolare quelli più grossolani, che si accumulano al piede della scarpata.

Un altro problema, poco studiato, è legato al fatto che la beach rock è impermeabile, ed è come avere un foglio di plastica sotto la sabbia. Se pensiamo che un metodo di stabilizzazione degli arenili è basato sul loro drenaggio artificiale, ben si capisce come la beach rock possa costituire un elemento di instabilità.

Nel caso in cui si debbano progettare interventi di difesa del litorale, la presenza della beach rock costituisce un problema in più, e non si sa bene se considerarla un’alleata o un nemico. Certo è che la sua tutela impedisce di scavarvi trincee per posizionare qualsiasi struttura e anche coprirla con scogli naturali o blocchi prefabbricati. Anche un ripascimento artificiale troppo esteso potrebbe seppellirla e determinare la morte di tutto quanto su di essa si è insediato.

Per chi volesse saperne di più o scovare errori in questo “Granello di sabbia”, può trovare una bellissima presentazione di Gianfranco Barsotti.

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