L’emergenza idrica è così forte, quest’anno, che i campi agricoli soffrono la siccità e a Roma si raziona la distribuzione dell’acqua potabile. Ma se nella capitale si perdono 44 litri ogni cento immessi nella rete, a Brescia città il dato idrico è più contenuto (22%). E tuttavia, basta dare un occhio alla provincia per capire che la perdita negli acquedotti pesa per il 40%. Garda Uno è la società che più soffre di questi problemi, soprattutto nell’Alto lago dove i tubi dell’acquedotto non riescono a far arrivare nelle case nemmeno la metà dell’acqua trasportata. «Sarebbe importante scendere al 20-25% di perdite, - spiega Massimo Faini, direttore del Ciclo idrico di Garda Uno - pensare di ridurle al 2-3% è quasi impossibile».
Un ragionamento condiviso anche da Marco Zemello, direttore dell’Ato di Brescia : «La media provinciale del 40% è un dato di perdita importante. Sotto il 20-30% - dice - spesso non si interviene perché si preferisce investire i fondi per priorità maggiori». Che nel caso di Brescia sono soprattutto il sistema fognario e la depurazione, le cui carenze (si pensi alla Val Trompia) riempiono le pagine della procedura di infrazione avviata anni fa dall’Unione europea. Attenzione, però: i gestori hanno già preventivato diversi investimenti sul doppio fronte delle perdite d’acqua e della posa di nuovi tubazioni. Ad esempio, nei prossimi tre anni A2A spenderà più di 8 milioni, Acque bresciane 3 milioni, Garda Uno 3,3 milioni, per un totale complessivo che supera i 15 milioni. Ma dove si annidano le maggiori criticità? Preoccupa la situazione del lago di Garda, ma anche quella di alcuni comuni della Franciacorta. «In generale - osserva Zemello - i problemi sono direttamente proporzionali alle zone dove c’è stata una forte urbanizzazione negli ultimi vent’anni». In questi casi, non sempre la rete idrica è stata realizzata dal gestore. Ma è chiaro che il boom del mattone (soprattutto nelle zone turistiche) ha determinato un’impennata dei volumi di acqua richiesta. «Quello della quantità è un problema che è stato spesso sottovalutato, ma l’acqua non è un bene inesauribile» ragiona il direttore dell’Ato. Lui, che di professione è geologo, sa che la falda che scorre sottoterra collega più comuni: «l’acqua non ha confine» e ciò significa che i i bisogni idrici di un territorio - così come i suoi pozzi - vanno considerati al di là dei confini amministrativi dei comuni.
Nel caso dell’Alto Benaco, le criticità sono stratificate negli anni: il sistema delle tubazioni è frutto di epoche diverse, risalenti anche al XIX secolo . «E spesso - spiega Massimo Faini - all’epoca non si programmava nel costruire». Gli Austriaci, infatti, usarono la ghisa a fine Ottocento (e le tubazioni esistono ancora), nel dopoguerra c’erano raccordi in piombo, poi è stato usato il ferro, mentre i tubi in plastica più vecchi erano poco resistenti agli urti: insomma, se le tubature perdono, le cause sono molteplici. A Desenzano, qualche anno fa, sono stati fatti diversi lavori per portare l’acqua da Sirmione verso Rivoltella, mentre nei prossimi anni sono previsti investimenti a Gargnano e Gardone Riviera. Nelle zone turistiche, l’aumento di domanda idrica comporta anche un innalzamento di pressione che mette in difficoltà i tubi più vecchi. L’acqua, spesso, viene utilizzata per gli usi più disparati, quasi senza accorgersene: doccia, sciacquone, lavatrice, usi alimentari. E se in Italia la media è di 245 litri a testa (al giorno), a Brescia città A2A calcola che il consumo raggiunga i 320 litri, tenendo conto dei residenti e delle dispersioni.
Autorizzaci a leggere i tuoi dati di navigazione per attività di analisi e profilazione. Così la tua area personale sarà sempre più ricca di contenuti in linea con i tuoi interessi.