Una storia d'amore lunga 35 anni quella tra gli italiani e il motore FIRE, un "elogio della semplicità" che ha sconfitto la prova del tempo ed equipaggiato auto popolari quali la Uno, la Punto, la Panda, la 500, la Seicento e la Bravo. Ma come siamo arrivati alla sua creazione? È il 14 ottobre 1980 quando un fiume di persone che passerà alla storia come Marcia dei Quarantamila invade le strade di Torino. È l'ultimo atto, probabilmente anche il più noto, quello che chiude una lunga e aspra battaglia sindacale mossa dalle tute blu contro i vertici di una FIAT in crisi che aveva annunciato 14.000 licenziamenti poco tempo prima. In risposta ai tagli, l'azienda vide i suoi cancelli bloccati per 35 giorni consecutivi da picchetti organizzati dai sindacati degli operai.
In quei mesi complicati per l'industria dell'auto torinese un gruppo formato da tecnici, progettisti e ingegneri della FIAT, guidato dall'ing. Stefano Iacoponi, decise di lavorare, di propria iniziativa, alla progettazione di un motore che potesse risollevare le sorti dell'azienda.
Il nuovo propulsore, siglato X090 nello studio preliminare e progettato nelle sue fasi embrionali in una camera d'albergo vista la chiusura forzata degli stabilimenti, avrebbe dovuto sostituire l'ormai quasi trentenne motore 903 della serie 100, apparso nella sua prima veste nel lontano 1955 sulla FIAT 600. Vittorio Ghidella, da poco a capo della divisione auto della Fiat, riuscì a trainare l'azienda fuori dalle burrasche sindacali e a darle nuova linfa commissionando, tra le altre cose e finalmente in via ufficiale, la realizzazione di un nuovo motore per le utilitarie.
Grazie agli studi e ai disegni preliminari del team di Iacoponi, il nuovo propulsore venne progettato nel giro di soli quattro anni. Inizialmente all'elaborazione parteciparono anche i francesi di PSA (Peugeot e Citroen) che però si sfilarono dal progetto, con un coup de théâtre, poco prima della messa in produzione. È quindi possibile definire la nuova produzione un orgoglio al 100% italiano.
Siamo giunti al 30 marzo 1985 quando, sotto gli occhi dell'avvocato Agnelli e del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, la FIAT inaugura in pompa magna il nuovo e avveniristico stabilimento di Termoli 3, creato appositamente per la realizzazione del nuovo motore battezzato FIRE (Fully Integrated Robotized Engine) dagli uffici stampa dell'azienda torinese. Il nome non ha messo in luce né i consumi né tantomeno le prestazioni, quanto piuttosto l'innovativo metodo con cui è stato realizzato, ovvero in maniera completamente automatizzata (Robotized), presso la nuova struttura-gioiello di Termoli.
Il FIRE è un motore rivoluzionario perché frutto della collaborazione, diversamente da quanto avveniva in passato, fra tutte le anime dell'azienda: ingegneria, progettazione, produzione e addirittura il centro stile.
Un motore progettato in funzione della produzione. Rispetto al vecchio 903 il nuovo FIRE era più compatto e leggero (69 kg vs 78 kg), più semplice nella filosofia costruttiva (contando fino a 95 componenti in meno), più moderno (passando da un sistema ad aste e bilancieri a uno di distribuzione con albero a camme in testa), più facile da montare. Per fare solo qualche esempio, il motore era stato concepito affinché tutte le sue viti e i suoi bulloni potessero essere raggiunti da chiavi a tubo dritte, inoltre la maggior parte degli assemblaggi non poteva essere realizzata in maniera sbagliata perché vi era un unico verso di montaggio possibile. Ma non è tutto, questo "elogio della semplicità" permise di abbattere i tempi di produzione, sfornando una media di 2.100 motori al giorno su un turno di 12 ore (20 propulsori al secondo) e di ridurre i consumi grazie a un basso attrito interno e all'ottimizzazione della combustione della carburazione, riducendoli del 15% rispetto al precedente 903. Poi vi è il mito della sua affidabilità, pochi componenti facili da montare e da raggiungere significano minori probabilità di guasti e facilità di riparazione; anche qualora avesse ceduto la cinghia di distribuzione, i progettisti avevano fatto in modo che le valvole non sarebbero andate a toccare i pistoni, evitando così di distruggere l'unità motrice. Il motore nei piani di Iacoponi era capace di erogare fra i 60 ed i 70 CV che vennero però limitati non per ragioni di consumi o affidabilità, quanto piuttosto perché la divisione adibita alla progettazione dei veicoli aveva richiesto un motore da 45 CV.
Questo gioiello della tecnica italiana, andato in pensione lo scorso anno (Fiat dice addio ai motori FIRE), è stato in grado di battere anche in termini di longevità il 903, equipaggiando le auto della casa torinese (e non solo) non per trenta ma addirittura per trentacinque anni.
"Cambiare tutto affinché nulla cambi" scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo. Uno slogan valido anche per il FIRE capace, nella sua lunga militanza, di cambiare ogni suo elemento e adattarsi camaleonticamente ai tempi, senza però mai intaccare il suo nucleo, quegli elementi fondamentali che ne costituivano la sua essenza.
Il debutto del FIRE 1000 (999 cm3 per la precisione) avvenne sulla Y10 (per saperne di più sul destino della Ypsilon: 114 anni di storia Lancia), ai tempi griffata Autobianchi, mentre bisognò attendere 12 mesi per vederlo montato su una FIAT: prima la mitica Uno, poi la Panda e infine, nel 1988, la Tipo. Il festival delle auto su cui è apparso è lunghissimo, negli anni '90 oltre alle Punto, 500, Bravo/Brava, Seicento, Marea di casa Fiat ricordiamo il debutto sulla Lancia Y nelle versioni da 1108 e 1242 cc. Nel nuovo millennio, più precisamente nel 2007, il FIRE mette il turbo e arriva il T-Jet, per la prima volta sulla Bravo, 1368 cc per 120 o 150 CV mentre, nel 2008, il motore fa il suo esordio su una vettura del Biscione, l'Alfa Romeo Mito. Il propulsore equipaggerà anche veicoli stranieri come la Ford KA (2008), Jeep Renegade (2014) e comparirà sotto al cofano di alcune TATA. Per gli amanti di numeri e statistiche, infine, il 1400 cc T-Jet da 215 CV montato sull'ultima versione della 695 assetto corse evoluzione, cioè la versione da gara del monomarca delle 500, è stato il più potente FIRE mai montato.
Capace di oscillare in 35 anni di versioni dalla cilindrata di 0,8 a quella da 1,4 litri, assemblato tra Italia, Europa e America, dopo aver resistito alla minaccia del bicilindrico Twin Air e la cifra record di 23.233.856 unità prodotte, nel 2020 l'epopea del motore FIRE, iniziata quando Microsoft lanciava la prima versione di Windows, Madonna muoveva i primi passi sul palcoscenico e al cinema usciva il primo capitolo della saga di Ritorno al Futuro, è giunta al suo epilogo, lasciando spazio ai propulsori della famiglia FireFly.
Prodotti in Brasile già a partire dal 2016 e poi destinati anche agli stabilimenti FCA in Polonia e Cina (e altri mercati) i nuovi propulsori della famiglia FCA, che portano nel nome il ricordo dello storico propulsore, rientrano nel tetto dei 95g/km di CO2 imposto dall'Europa ai costruttori e vengono/verranno costruiti per gli attuali e futuri modelli FCA ad alimentazione ibrida. Si conclude così l'epopea del leggendario soldato indistruttibile di ghisa a quattro cilindri che ha trainato tre generazioni di famiglie, nonni, genitori e figli dal vecchio verso il nuovo millennio superando un mondo diviso in blocchi per abbracciare l'incognita della globalizzazione, della network society post-industriale e della tecnologia ibrida ed elettrica.
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